Recensione: Giampaolo Simi, Rosa elettrica

Giampaolo Simi
ROSA ELETTRICA
Edizioni Sellerio, pp. 377, € 15

Un romanzo difficile da leggere, un vero noir, che non lascia spazio a gratuite speranze o a sprazzi di ottimismo. La protagonista è Rosa, una giovane poliziotta che al suo primo incarico si vede affidare un testimone di giustizia da tenere nascosto: Cociss, questo è il soprannome del diciottenne che le viene affidato, è un giovane capo di quartiere, affiliato a una famiglia della mala. Ora pare abbia deciso di parlare, sentendosi tradito dai suoi capi; ha iniziato a confidarsi con il dottor D’Ingrò, il capo di Rosa, che cerca quindi di proteggerlo dai rischi che il suo ruolo comporta. E poi via, tutta la storia fino all’inevitabile tragica fine. Un noir come tanti altri, potreste dire, che si legge con l’insensibilità che proviamo tutti di fronte a queste situazioni. Una ragazza giovane, che ha studiato e che vuole realizzarsi si trova a doversi occupare di un coatto che si chiama come il cane che aveva da bambino, coinvolto in storie di droga e violenza quotidiana: l’alto e il basso della società che si scontrano come da prassi. E invece, a metà della storia, la svolta. Il romanzo, più che per il finale, pare vivere perché Rosa capisca che la distanza che la separa da Daniele, questo è il vero nome del giovane malavitoso, è il prodotto ineliminabile dal funzionamento delle cose; e, nonostante ciò, Rosa cerca di opporsi all’altrettanto inevitabile finale. E nel farlo scoprirà tante cose, che danno comunque uno spessore narrativo al romanzo.
Scritto bene e con cura, questo libro è la spietata analisi di uno stato di cose e di come non sia possibile cambiarlo: come dicevo, zero speranze e scarso ottimismo.

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