Recensione: Javier Argüello, Essere rosso

Javier Argüello
ESSERE ROSSO
Edizioni Voland, pp. 159, € 17
Traduzione di Francesco Ferrucci

Come vedete in copertina campeggia un giovane che avanza con il pugno alzato. Leggendo, si capisce che costui è uno qualunque, uno qualunque che vuole andare avanti ed essere dalla parte giusta della storia, magari non quella che vince, ma sicuramente quella giusta. Più che un romanzo, quindi, questo è un libro d’opinione in cui l’autore, il quarantottenne cileno Javier Argüello, racconta la vita di due genitori intrecciata a quella di due fratelli, tra le dittature militari di Argentina e Cile dalla metà degli anni ‘70 in avanti. Più che un atto d’accusa contro quelle dittature, però, questo libro è un richiamo alla necessità di essere clementi verso persone che hanno compiuto atti che le escludono dall’appartenenza al genere umano ma che non per questo vanno perseguitate con azioni uguali e contrarie, per non ricadere nei loro stessi errori. Anche se Videla e Pinochet hanno dato una spinta non indifferente e rendere il pianeta un luogo nero, l’unico modo per continuare a vivere è essere rossi.

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