Recensione: Jean-Paul Dubois, Non stiamo tutti al mondo nello stesso modo

Jean-Paul Dubois
NON STIAMO TUTTI AL MONDO NELLO STESSO MODO
Edizioni Ponte alle Grazie, pp. 236, € 16
Traduzione di Francesco Bruno

Per una volta, apriamo un siparietto personale in questa rubrica. La scelta dei libri da leggere viene compiuta, come sanno tutti, su elementi spesso accessori del libro. Sostengo da tempo la necessità di non scegliere il libro in base all’autore, alla tematica, alla serietà dell’editore, ma in base alla copertina; dato immediato, copertina bella/brutta, libro sì/no. Ovviamente a questo punto parte la discussione se il bello è soggettivo, che lasciamo a chi ancora si pone questa futile domanda. Tornando al caso specifico, ritengo la copertina di questo libro non particolarmente bella, avrei quindi lasciato scivolare il libro nel mucchio del non letto, non fosse stato che…
Una sera mi sono dimenticato di portare a casa novità da leggere e quindi mi sono ritrovato sulla sponda del mio lettino a guardare sconsolato un comodino quasi privo di libri; quasi, appunto. Il piuttosto deprimente Non stiamo tutti al mondo allo stesso modo, più un titolo per un elzeviro polemico che per un romanzo, campeggiava su di una smilza piletta di omaggi da anni in attesa di essere letti; anche questo era un omaggio, ma più recente, e poi non era una delle famigerate bozze di lettura, una di quelle iniziative pubblicitarie degli editori per invogliare i librai alla lettura di libri pagati carissimi e che nessuno leggerà, ma un vero libro, con il suo prezzo, che probabilmente l’astuto rappresentante che me lo aveva omaggiato aveva sgraffignato dalla scrivania di qualche redattore alla casa editrice.
Quindi, tanto per passare il tempo, ho iniziato il libro; e, contrariamente alle mie previsioni, mi ha coinvolto subito. La vicenda è molto lineare, con un protagonista che si descrive nella cella della prigione ove deve scontare una condanna per un crimine commesso due anni prima. Descrive se stesso e la sua coabitazione con il gigante tonto della prigione, che poi così tonto non è, e parallelamente, la sua vita prima della condanna: e, altrettanto ovviamente, i fatti che hanno portato lui, uomo probo e dedito alla famiglia, a scontare nelle galere canadesi due anni di detenzione. Inframmezzando ai fatti considerazioni poetiche e prosaiche sulle vicende che lo hanno visto coinvolto e sul suo presente, Paul riesce a giustificare il titolo del romanzo.
Alla faccia dei pregiudizi massimalisti dei librai.

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