Recensione: Richard Powers, Sporco denaro

Richard Powers
SPORCO DENARO
Edizioni La nave di Teseo, pp. 648, € 20
Traduzione di Luca Briasco

La protagonista di questa storia è Laura. Laura è una donna di mezza età, divorziata, con due figli. Una persona normale, quindi. Una persona normale che però scopre di non essere più del tutto normale. Inizia a non stare bene. Gli esami dicono che c’è un cancro all’utero. È difficile raccontare nei dettagli il calvario che condurrà Laura attraverso tutte le tappe della medicalizzazione della salute. L’accanimento terapeutico è un mostro e Laura sarà la sua vittima. Nel tempo che viene dedicato al tentativo di curarla vengono delineate molte figure di contorno, dai figli Ellen e Tim all’ex marito Don. La vita affettiva e sociale di Laura risulta così bene delineata, ma a spiccare su tutto è comunque il dramma di questa persona che procede consapevoleinconsapevole verso lil suo destino.
Il pregio formale di questo libro sta nel secondo binario narrativo, perfettamente intrecciato al primo, nel quale Powers ci racconta la storia della famiglia Claire. Costoro, giunti poverissimi in America come tanti immigrati, riusciranno a fare fortuna, fonderanno una piccola ditta di sapone che, piano piano diventerà una multinazionale: il sogno americano. La sede di questa multinazionale è in una piccola cittadina americana, Lacewood, che dipende totalmente dal giro d’affari indotto da questo colosso. Piccolo dettaglio, le produzioni della Claire sono chimiche, e gli scarti sono dannosi per la salute. Laura vive a Lacewood e le è venuto il cancro.
Nel libro sono così presenti due piani; uno, simbolico e concreto, fornisce una cornice nel quale collocare il primo, concreto e drammatico; con un notevole esempio di dialettica, la vicenda dei Claire (che è la vicenda dell’America, che è la storia del mondo) permette di capire quello che sta succedendo a Laura, mentre la vicenda di Laura sembra dare un senso all’insensato accumulo di potere dei Claire. Un senso inumano, si badi bene, in quanto totalmente subordinato al denaro. Una disumanità che mi pare comunque connaturata alla società umana, se già i latini potevano dire pecunia non olet.

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