Recensione: Giampaolo Simi, I giorni del giudizio

Giampaolo Simi
I GIORNI DEL GIUDIZIO
Edizioni Sellerio, pp. 541, € 15

Questo giallo si risolve in maniera inaspettata nel finale, in un modo che ovviamente non potrà essere svelato, trattandosi di un giallo. Ma il vero punto centrale secondo me non è la soluzione inaspettata al duplice omicidio con cui si apre il romanzo. Gli omicidi di Esther Bonarrigo e Jacopo Corti, rispettivamente proprietaria e manutentore della villa ove i due sono trovati morti, danno il via a un importante, dal punto di vista massmediatico, processo in funzione della ricchezza della famiglia Bonarrigo e della presunta responsabilità nei fatti del marito di Esther. E per fare questo processo è necessaria una giuria popolare, e proprio i sei che la compongono diventano i veri protagonisti della vicenda. Svelando mano a mano la propria psicologia e i propri moventi, che non sempre hanno a che vedere con la giustizia, i sei riescono a catturare l’attenzione del lettore. Seguiremo quindi per diversi mesi le vite di Emma, proprietaria di una boutique, Ahmed, il marocchino di Ceuta che lavora in nero e teme la fine del processo; c’è Malcolm, il quarantenne vergine che passa le giornate con i videogiochi; c’è Terenzio, il pensionato che conosce tutti e che crede di conoscere tutto, Iris, la punk femminista indecisa e con una vita che non la convince. Per finire Serena, la bruttina del gruppo, quella che teme gli altri ma che mano a mano saprà farsi valere. A coordinare queste sei persone ci sono il presidente della corte, la giudice Nicola ed il giudice a latere, il dottor Fassi.
Un interessante squarcio sui meccanismi con cui si amministra la giustizia nel nostro paese, attraverso la calibrata scrittura di Giampaolo Simi.

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