Recensione: George Simenon, Il signor Cardinaud

George Simenon
IL SIGNOR CARDINAUD
Edizioni Adelphi, pp. 136, € 16
Traduzione di Sergio Arecco

Ogni volta che leggo un libro di Simenon resto stupito dalla capacità di questo grande della letteratura di costruire storie che ti tengono legato con materiali tanto inconsistenti. Che altro dire infatti delle poche giornate di sventure che colgono il povero signor Cardinaud, in una Francia in guerra (fu scritto nel ‘41) dove la guerra non c’è, che al ritorno a casa dal lavoro scopre che la giovane moglie se ne è andata? Sin dalle prime pagine siamo come spinti in avanti per capire cosa gli succederà, mano a mano che scopre le radici della fuga della moglie; e tutti i personaggi che scopre legati alla vita di questa giovane donna, per lui troppo bella (leggi: non addomesticabile), sono lo specchio di una parte della Francia che sembra avere vissuto solo di sfuggita il conflitto. Quello che conta per il signor Cardinaud, il piccolo-borghese Cardinaud, è solo che la moglie ritorni perché la vita possa proseguire uguale a sempre, con i tanti piccoli rituali che la riempiono.
Entrare nella mente del signor Cardinaud alla ricerca della fuggitiva, per vedere con i suoi occhi il senso di questa fuga. È proprio in questa capacità di cogliere il punto di vista e renderlo comprensibile che sta la levatura di uno scrittore.

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