Recensione: Zerocalcare, Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia

Zerocalcare
NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE DI REBIBBIA
Edizioni Bao, pp. 219, € 18

I libri, si sa, sono un prodotto industriale e, come ogni prodotto industriale, sottostanno a una ciclicità di produzione. In Italia questo comporta che i libri debbano essere presenti in massa sui banchi delle librerie sotto Natale, che pare essere l’unico periodo dell’anno in cui agli italiani viene in mente di regalare libri (falso); e quindi Zerocalcare fa una cosa che probabilmente Pazienza non avrebbe mai fatto, cioè fa uscire un libro-strenna che raccoglie quattro episodi già editi e un inedito nell’elegante formato libro con copertina rigida che da sempre caratterizza la sua produzione per Bao. Io, e come penso gli altri milioni di lettori che non seguono l’editoria periodica e non seguono Zerocalcare sui social, dovremmo ringraziare per questa scelta – anche se probabilmente Pazienza si sta rivoltando nella tomba -, acquistare il libro e leggerlo con la tranquillità che solo il periodo natalizio può ormai dare.
I quattro episodi già editi parlano – già, parlano, perché il tratto di Zerocalcare acquisisce man mano si procede nella lettura una sua forza che riesce a ricordare la realtà e fa riflettere come solo il discorso diretto riesce a fare – della situazione nelle carceri durante la pandemia, dell’emergenza sanitaria dovuta al covid, della cancel culture (se volete capire cos’è dovete per forza acquistare il libro) e della sua esperienza tra i curdi. Tutti episodi che probabilmente la mamma di Zerocalcare ha già commentato con le sue amiche ma che i milioni che come me non ne sapevano niente potranno utilizzare per fare sfoggio di cultura pop durante le interminabili discussioni nelle partite a carte post abbuffata natalizia. Ma c’è anche un capitolo inedito, Il castello di cartone, dove il Nostro racconta la sua esperienza di sceneggiatore e produttore per Netflix; per chi non lo sapesse infatti Zerocalcare ha da poco mandato in onda una sua serie su Netflix – altra cosa che sta facendo rabbrividire le ossa al povero Paz – ed il suo racconto riesce a rendere alla perfezione le difficoltà che si trova ad affrontare chi voglia lavorare nell’industria culturale oggi mantenendo una parvenza di libertà e perseguendo uno scopo che vada oltre la notorietà effimera e il riempimento del borsellino. Una posizione che Pazienza – riferimento imprescindibile per qualunque fumettaro d’oggi – avrebbe pienamente condiviso.

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