Recensione: Francesco Guccini, Tre cene

Francesco Guccini
TRE CENE (L’ultima invero è un pranzo)
Edizioni Giunti, pp. 164, € 17

Francesco Guccini prosegue, instancabile nonostante gli anni, a raccontarci le storie minute delle sue valli, con la sua grande capacità narrativa ormai completamente dedicata alla scrittura. In questo romanzo ci parla dei suoi luoghi e delle persone che ci vivono in tre diverse fasi della vita e della storia, sfruttando quel momento particolare che è quando ci si siede ad un tavolo a mangiare in compagnia.
La prima cena vede coinvolti dei giovani sul finire dei ‘30; giovani che, nonostante la povertà, vogliono festeggiare l’arrivo del natale con una cena da crapula. Poi il narratore, che dalla sua memoria ha svolto il telo del primo racconto, si racconta nel mezzo del cammin dalla sua vita per un’altra cena, una cena con uno solo degli amici degli anni suoi primi, ché la salute e la malasorte s’è portata via gli altri. Per finire, il narratore è ora anziano e invece d’una cena racconta d’un pranzo, sempre ricco di cibo e umanità, ma le cene son cose della gioventù o al massimo dell’età matura, da vecchi la sera s’è stanchi.
Come ogni volta Guccini riesce a guardare, disincantato ma non cinico, attraverso le trasformazioni che il tempo ha su tutto e tutti e ci descrive la modificazione di un paese e di un uomo attraverso tre cene, piuttosto che tre piani: perché attorno ad un tavolo si è tutti allo stesso livello.

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