Recensione: Dave Eggers, La parata

Dave Eggers
LA PARATA
Edizioni Feltrinelli, pp. 140, € 9
Traduzione di Francesco Pacifico

Quattro e Nove, i nomi dei due protagonisti di questo romanzo, sono gli spettatori ininfluenti dell’occidente che porta la civiltà in paesi arretrati. E quale miglior simbolo della civiltà se non una strada, una bella strada da asfaltare, lunga più di 200 km che i nostri due, Quattro a bordo dell’RS80 e Nove a cavalcioni di un quad, devono realizzare in dodici giorni, per rendere possibile la parata con la quale il capo del governo suggellerà la pace tra le due fazioni in lotta per il controllo del paese.
Attorno a questa ragione politica, che giustifica la fretta con la quale i nostri devono fare la strada, si costruisce il rapporto tra i due operatori dell’asfalto. Quattro è quello più responsabile, più metodico, più ligio all’esecuzione letterale delle direttive dell’azienda; Nove invece sembra un figlio dei fiori catapultato in un mondo non suo. Incapace di seguire le direttive che vengono impartite, Nove si lascia trascinare in atti assolutamente contrari al protocollo aziendale che saranno fonte di non pochi grattacapi per Quattro. Ma alla fine, anche se il senso di efficacia che inevitabilmente deriva dall’uso di un macchinario avanzato – RS80 è un gioiello della tecnica, che stende l’asfalto, traccia le righe e asciuga il tutto quasi in tempo reale – si unisce alla gioia delle persone che vedono nella strada nuova la possibilità di un nuovo futuro, il passato disumano di questi paesi si richiude su tutti tranne che su Quattro, lasciandogli intatto il solo ruolo possibile, quello di spettatore della parata.

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