Recensione: Clara Usón, La figlia

Clara Usón
LA FIGLIA
Edizioni Sellerio, pp. 485, € 16
Traduzione di Silvia Sichel

Quello che ho trovato più inumano in questo libro – un libro che esibisce le possibilità di cui la disumanità dispone per agire nel mondo – è il repentino cambiamento nei rapporti tra vicini generato dall’odio etnico. Qualunque persona dotata di ragione sa che siamo tutti uguali, in essenza, è solo l’accidente che ci rende ciò che siamo ma questo non deve fare dimenticare l’uguaglianza di partenza. Ebbene, la guerra di Bosnia-Erzegovina riuscì in breve tempo a fare dimenticare tutto questo. Persone che erano vissute per decenni l’una accanto all’altra smisero di parlarsi, di salutarsi: e poi iniziarono ad ammazzarsi. Il popolo serbo e bosniaco di fede ortodossa promosse una pulizia etnica a danno della minoranza musulmana che abitava quei luoghi dai tempi del generale Tito; in questo libro troverete tutti, ma dico tutti, i dettagli di quello che avvenne in quegl’anni. L’autrice, la brava Clara Usón, prende spunto dalla breve vita di Ana Mladić, la figlia di Ratko Mladić, il macellaio della Bosnia, il generale serbo responsabile del massacro di Srebrenica, per raccontarci tutto questo.
I vari protagonisti del disfacimento della ex Yugoslavia sono presi uno ad uno ed esaminati nel loro agire militare e politico; a fare da collante tra loro la figura di Ana Mladić, la figlia del boia di Srebrenica, una giovane studentessa. La incontriamo a Mosca, dove è in gita con un gruppo di compagni d’università. E da qui, dal luogo da cui il comunismo ha cercato per settant’anni di opporsi al capitalismo, inizia il lento percorso che porta Ana a scoprire la verità su suo padre e noi a ricordare cosa successe più di vent’anni fa dall’altra parte del mare. La Usón è abilissima, oltre che nella ricostruzione storica, a ricreare il forte legame che unì padre e figlia, rendendo quest’ultima cieca di fronte a ciò che stava succedendo. La doppiezza di Mladić, carnefice per gli scopi della grande Serbia e padre affettuoso e attento al destino della figlia, colpisce il lettore e colpì, molto probabilmente, la figlia che avrà, al termine, un solo modo per continuare a credere a suo padre, cardine del suo destino di figlia.

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