Recensione: Serge Latouche, Come reincantare il mondo

Serge Latouche
COME REINCANTARE IL MONDO
Edizioni Bollati Boringhieri, pp. 83, € 10
Traduzione di Fabrizio Grillenzoni

La società contemporanea può essere qualificata per una più o meno grande perdita di fiducia nella natura magica della realtà. L’affermarsi della scienza a partire dal XVII secolo ha fatto sì che l’uomo relegasse via via le spiegazioni non causali in comparti sempre più ristretti: è quello che Max Weber chiama il disincanto del mondo. La perdita di fiducia nelle spiegazioni sovrannaturali è però stata graduale e lo spazio che mano a mano si rendeva disponibile veniva occupato da altre forme di spiegazione, non meno magiche a detta di Latouche: i nuovi idoli dell’epoca desacralizzata sono stati la crescita e l’economia.
Attraverso questi due concetti tutto diveniva spiegabile anche in assenza di una volontà divina agente; in parte questi due concetti hanno però perso capacità di convinzione e quindi, sostiene Latouche, bisogna ricorrere a nuovi strumenti per incantare, per dotare di senso la realtà.
La componente storicamente più favorevole ad una spiegazione della realtà attraverso l’incanto è stata la chiesa che, di fronte alla progressiva laicizzazione delle spiegazioni dei fatti, ha abbracciato come nuovi idola i concetti di crescita ed economia. Un’ampia parte del libro è dedicata all’esame delle due encicliche contrapposte di papa Ratzinger e papa Bergoglio. Il papa tedesco con la sua Caritas in veritate, sostiene l’autore del libro, si è di fatto schierato per il mantenimento di questi due principi, condannandone solo gli eccessi: il capitalismo, di cui economia e sviluppo sono le incarnazioni, è intrinsecamente buono e cattive sono solo le estremizzazioni dell’uso che ne fanno anime poco preoccupate del benessere generale dell’umanità. A differenza di Ratzinger, con un certo stupore da parte di Latouche, Bergoglio con la Laudato si’ si esprime con una certa decisione in favore di una critica di questi due principi. Ovviamente siamo ben lontani da quanto richiederebbe un approccio seriamente contrario allo sviluppo, ma è già qualcosa.
Il sacro che Bergoglio vorrebbe ricostituire ha a che fare con la difesa del pianeta dagli interessi del capitalismo, ed in questo si trova d’accordo con Latouche. Il punto dolente di questo approccio – che Latouche definisce di a-sviluppo piuttosto che di de-sviluppo – è che non fornisce una reale alternativa all’economia come regola di governo delle questioni umane. In assenza di sviluppo l’economia collassa e se l’economia collassa scompaiono le regole civili di convivenza, che sono tali solo in quanto basate su qualcosa che non è magico ma quantificabile. La scomparsa di sfere dell’esistenza non quantificabili, qualitative più che quantitative, ha a che fare con il generale processo di demistificazione del reale. A questo punto però sorge la legittima domanda se sia possibile, addirittura auspicabile, che venga posto un limite artificiale alla quantificabilità, che è quello che sembra sostenere Latouche. Aree di realtà non quantificate potrebbero tornare a rivestire quegli elementi di incantamento che le renderebbero sacre. Sebbene auspicabile, in astratto, non credo però sia più possibile. Una volta lanciato, ed è stato lanciato molto tempo fa, il processo di disincantamento del mondo procede inarrestabile e trascina con sé tutto, il sacro e il profano.
Alla fine nulla potrà più essere incantato perché nulla resterà incompreso; ma non è detto che questa sia la soluzione ai nostri problemi.

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