Recensione: G. Beltrán e B. Seguí, La mia vita nel barrio

Gabi Beltrán e Bartolomé Seguí
LA MIA VITA NEL BARRIO
Edizioni Tenué, pp. 304, € 15
Traduzione di Diego Fiocco

Oggi vi presentiamo un romanzo a fumetti che ci riporta agli anni ‘80. Gli anni ’80 per molti sono stati anni di povertà, non tutti erano ancora entrati nella ricchezza universale garantita, che è l’illusione spacciata per vera dal nuovo clima culturale che proprio dagli anni ’80 trae origine. E oggi ripensare a quegli anni non può avvenire senza una grossa dose di malinconia e rimpianto, sia nel lettore sia nello scrittore. Gabi, lo scrittore/protagonista delle vicende narrate, ha 14 anni e vive a Palma di Maiorca; vive nel barrio, il quartiere più povero, da cui quasi nessuno esce, tantomeno per raggiungere un’altra vita. Ma Gabi ha una passione che lo porterà lontano. In questo che è un romanzo di formazione, Gabi Beltran racconta come si viveva in un quartiere povero; e lo fa attraverso tante piccole storie, storie da nulla, che però assumono un valore generazionale sia per l’essenzialità del testo sia per la nitidezza del disegno che ha “un eccezionale senso dello spazio e della dimensionalità” (p. 6).
In un quartiere del genere la devianza dalla legge è, a dir poco, la norma, e Gabi e i suoi amici non ne perdono una. Violenze e furti, puttane e droga ma, sopra tutto, l’anelito di Gabi di salvarsi da una situazione familiare disastrosa. Le varie vicende a fumetti sono intervallate da pagine raccontate in cui Gabi, dopo trent’anni, torna all’isola per cercare di recuperare, almeno a parole, ciò che l’esperienza dell’adolescente in crescita gli ha impedito di vivere. Ma il tempo è andato e non ritornerà.

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