Recensione: Gian Arturo Ferrari, Ragazzo italiano

Gian Arturo Ferrari
RAGAZZO ITALIANO
Edizioni Feltrinelli, pp. 310, € 18

Questo bellissimo – sarà banale ma non ci sono parole più adeguate – esordio di uno scrittore smentisce uno dei più solidi tra i miei pregiudizi sulla letteratura; cioè che solo l’età prima, o la giovinezza o, al milite, la maturità, consentono la creazione di libri che valga la pena di leggere. Solitamente gli scrittori con tante primavere alle spalle non danno bella prova di sé. Ebbene, Gian Arturo Ferrari racconta la vita di un ragazzo, Ninni, dal primo dopoguerra agli anni ‘60 e, facendo questo, dimostra che invece si-può-fare. Si può cioè raccontare la vita minuta di una persona che sta crescendo tra le difficoltà di un paese distrutto dalla guerra, le sue esperienze e le sue incertezze unite ai legami familiari che sono costituiti dai genitori, dalla sorella minore e dall’importantissima nonna. E proprio con la nonna si apre il romanzo, nonna che porta Ninni con sé a Querciano, dove Ninni trascorre metà dell’anno, riservando l’altra metà all’attività scolastica di Zanegrate, dove risiede e lavora il padre. Dopo alcuni anni Ninni e la famiglia si trasferiscono a Milano per fare quel salto che ha segnato la vita di molte famiglie del dopoguerra: si lascia la campagna e si affronta la lotta per crescere con la città. Con tanti piccoli capitoli il nostro ottimo autore riesce a descrivere con partecipazione ed accuratezza mai noiosa o pedante le mille esperienze che fanno crescere un bambino e lo fanno diventare adulto. Un ragazzo italiano.

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