Recensione: David Trueba, La canzone del ritorno

David Trueba
LA CANZONE DEL RITORNO
Edizioni Feltrinelli, pp. 366, € 18,00
Traduzione Pino Cacucci

Valutare la possibilità del ritorno del romanzo esistenzialista una volta terminata questa interessante stagione filosofica non è certo nostro compito, si può comunque osservare che la tematica dell’uomo che si pone domande circa il proprio agire, ne coglie la contraddittorietà, non si fa carico di questa contraddittorietà e continua a fare quello che gli capita, che è la versione coerente dell’esistenzialismo, ha avuto un ampio seguito nella storia della letteratura e questo romanzo spagnolo si colloca, mi pare, in pieno in quella tradizione, narrando infatti un semplice viaggio in macchina, anche se la macchina è un po’ particolare, si tratta di un carro funebre, con il quale Dani, il protagonista della vicenda, sta portando all’estremo riposo il padre, morto un anno prima, estremo riposo che deve essere nel paese di nascita del genitore, nel quale Dani, ora cantante di una discreta fama, ha passata alcune estati della sua giovinezza. E mentre il carro funebre, guidato dal ruspante Jaime, macina chilometri sulle strade interne della Spagna, Dani rievoca tutto il suo passato, la sua carriera di musicista, le sue due mogli e gli innumerevoli tradimenti, la vita sul palco e la vita privata, con quello stile memorialistico un po’ auto indulgente che va molto di moda e che piace molto a chi fatica a porsi dei limiti ma anche ha la fortuna, o la volontà, di incontrare situazioni che lo spingono costantemente a sfidare i propri, di limiti, perché la canzone che hai ascoltato ti può riportare al passato, ma devi sapere che di fronte a te c’è solo il futuro.

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