Recensione: Brian Panowich, Bull Mountain

Brian Panowich
BULL MOUNTAIN
Edizioni NNE, pp. 294, € 18,00

Attorno alla Bull Mountain sorge un piccolo centro abitato; lo sceriffo di questa località è Clayton Burroughs, il terzo figlio di Gareth. Gareth è stato colui che ha stabilizzato il potere della famiglia sulla zona, ereditato dal nonno e ora gestito dal primogenito, Halford. Un potere, ovviamente, illegale. Ma l’FBI parrebbe intenzionata a porre fine e tutto ciò, stando alle parole che l’agente Holly rivolge a Clayton all’inizio del romanzo. Ah, dimenticavo: Clayton è l’unico onesto della famiglia e ha anche una moglie, bellissima e bionda. Lo stile narrativo e lo svolgimento però contraddicono quello che parrebbe un inizio banale. Intrecciando più piani temporali e personaggi di notevole spessore, Panowich ricostruisce un mondo impensato ed impensabile – in Georgia Trump ha preso il 51% dei voti – dove si ragiona ancora come ai tempi del proibizionismo e dove tutto si giustifica in termini di onore e vendetta. Un buon thriller che vale la pena di leggere e che cede solo nel finale. Come le elezioni che hanno portato Trump alla casa bianca.

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