Recensione: Paolo Pagliaro, Punto. Fermiamo il declino dell’informazione, Il mulino

Paolo Pagliaro, Punto. Fermiamo il declino dell’informazione

Il mulino, pp. 123, euro 12

Il problema centrale che deve affrontare l’informazione oggi è legato all’indebolimento del concetto di verità. Se diamo per assodato che ogni persona ha diritto ad un suo punto di vista sulle cose, ne consegue che non c’è più un’unica realtà da raccontare dato che ognuno ha diritto alla sua, di realtà. Quindi la verità non è più quella che sta scritta sui giornali o sui libri; mettendo per un attimo da parte il problema della credibilità di libri e, soprattutto, giornali, spesso strumenti in mano ai poteri forti, ne consegue che la verità individuale, ovvero una non verità basta più sul sentito dire e sui bassi istinti dell’uomo, avrà la meglio sulla verità ufficiale, certificata da mezzi garantiti dal sistema globale.

Da queste considerazioni segue che se lo dice la rete una cosa è vera; gli stessi mass media ufficiali, in parte corresponsabili di questo stato di cose, danno importanza alle notizie false che girano in rete e alle quali molte persone credono. Questo dato di fatto porta in primo piano la natura anti scientifica dell’italiano medio. Basta vedere come le false notizie sulla pericolosità dei vaccini si diffondono. E’ chiaro che la vaccinazione, in quanto pratica medica, ha un rischio intrinseco; ma tale rischio non è in nessun modo paragonabile al rischio in cui incorre l’intera popolazione se una parte ampia di essa decide di non ricorrervi. Illuminante in tal senso la frase riportata a pagina 30 del professor Burioni, noto ricercatore e medico attivo nel campo dei vaccini. Riassumendola, il professore si scaglia contro l’idea che nella scienza sia possibile un atteggiamento democratico, ove si tenga in considerazione ogni opinione. I fatti, i dati, hanno la precedenza sulle opinioni.

Ma il popolo della rete non può accettare che la singola opinione non venga presa in considerazione. Le opinioni non meditate si alimentano delle false notizie che circolano, soprattutto se tali notizie si rivolgono alla pancia dei cittadini e non alla ragione. Tali notizie vengono ad arte manovrate da agenzie responsabili di volontaria disinformazione per aumentare i conflitti tra le parti sociali. Il tema dell’immigrazione è in tal senso esemplare. Il mito degli alberghi a 5 stelle abitati dagli immigrati e delle ‘diarie’ principesche elargite loro si nutre dell’odio che ampia parte della popolazione italiana nutre per questi senza patria, che fuggono da regioni divenute inabitabili in larga parte per responsabilità degli occidentali. Ma scopo della rete non è un’informazione oggettiva, bensì è suscitare una reazione emotiva. Sapendo che l’attenzione media dell’utente della rete e dei mezzi di informazione tradizionali è piuttosto bassa, occorre colpire e lasciare il segno, piuttosto che approfondire lentamente formando una coscienza.

Dai dati che riporta Pagliaro, gli italiani sono al primo posto della poco invidiabile graduatoria dell’analfabetismo funzionale (cfr. p. 80 sgg) tra gli europei, cioè in quanto a capacità di decifrare un testo scritto e utilizzarne contestualmente le informazioni ricavate. Questo dato ha conseguenze disastrose sull’importanza che può avere un’informazione corretta. Non essendoci una vera e propria capacità critica, qualunque notizia va bene, basta che rinforzi i pregiudizi del pubblico. Questo è il vero punto dolente della situazione. I richiami di Pagliaro alla responsabilità dei giornalisti e al senso critico degli utenti non convincono. I primi sono sempre meno, sempre più messi in crisi dall’informazione dell’uomo della strada, quello che si improvvisa giornalista e sul blog di turno dice la sua, il secondo è, come già detto, quasi assente. La risposta che si può dare è come sempre individuale. Individualmente è possibile essere meglio informati oggi che un tempo, individualmente è possibile oggi fare un’informazione migliore che trent’anni fa. Ma l’individuo, di fronte alla spinta della massa, tende ad arretrare.

Per mettere un punto fermo al declino dell’informazione occorre, per assurdo, non cercare affannosamente di essere informati. Essere troppo informati equivale a non esserlo. Occorre imparare ad alternare volontariamente l’apertura al sistema informativo ad un chiusura che permetta di elaborare le informazioni raccolte. Solo le informazioni elaborate possono modificare la struttura preesistente; se la struttura non si modifica, l’informazione non ha prodotto effetti. Ed è questo il vero punto dolente; sembra che siamo tutti consapevoli che ormai qualunque informazione si acquisisca o circoli, essa non produrrà effetti ampi. Gli effetti che si può sperare l’informazione ottenga sono minimi, singolari, personali; ma sufficienti a resistere.

Informazione e individuo, un legame indissolubile. Solo dove l’uno tiene all’altra – e l’altra si rivolge all’uno – si può sperare nella sopravvivenza di entrambi.

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