Recensione: Arturo Perez-Reverte, Due uomini buoni, Rizzoli.

Arturo Perez-Reverte, Due uomini buoni
Rizzoli, pp. 539, euro 14
Traduzione Bruno Arpaia

Questo romanzo mostra molte delle inesauribili possibilità della letteratura. Riesce a farlo perché l’autore è molto abile nel raccogliere informazioni tanto dettagliate da simulare la realtà, senza cadere nella banale tentazione di replicarla. L’arte infatti, quando vuol essere arte, non si limita a replicare la realtà, ma offre al fruitore una prospettiva che la supera. Il compito per Perez-Reverte è in questo caso ancora più difficile, trattandosi di un romanzo storico.
I due uomini buoni di cui ci parla sono due ‘intellettuali’ della Spagna di fine ‘700, inviati dalla Real Academia di Madrid a recuperare una copia dell’Enciclopedia pubblicata da D’Alambert e Diderot poco prima dello scoppio della rivoluzione francese. Si tratta di un libro proibito, messo all’indice dalla santa sede e inviso ai poteri tradizionalisti della cattolicissima Spagna. Ma il ristretto pubblico dell’Academia è giusto che legga tali parole blasfeme, anche solo per essere informato di ciò che succede nel resto del mondo? Non è meglio che i volumi in oggetto non entrino nemmeno nel territorio spagnolo?
Attorno a questi quesiti  si schierano, com’è ovvio, due fazioni e i due eroi incaricati di compiere il viaggio troveranno lungo il percorso vari inciampi e difficoltà messi ad arte da un sicario inviato sulle loro tracce. Definisco i due protagonisti eroi non a caso. Perez-Recerte è molto accurato nel ricostruire l’epoca, come dicevo, e il lettore riuscirà a calarsi perfettamente nei rischi e nelle difficoltà che il tragitto Madrid – Parigi comportava all’epoca; i 1200 chilometri che separano le due capitali erano, a quei tempi, settimane di viaggio in carrozza, per chi l’aveva, con tutti i contrattempi connessi. A Parigi poi, si stavano preparando i tumulti che avrebbero portato alla presa della Bastiglia e ciò interferirà parecchio con il compito assegnato ai nostri due eroi. Il tutto ben orchestrato con la descrizione in tempo reale di come fa uno scrittore del calibro diPerez-Reverte a scrivere un libro. Il lavoro di documentazione è minuzioso, i contatti da utilizzare per avere informazioni più precise molteplici; è come vedere dal vivo il processo creativo.
Sullo sfondo poi, a rendere il romanzo particolarmente affascinante, l’interminabile scontro tra i Lumi e la Tradizione. Don Pedro Zarate, il sobrio e audace illuminista spagnolo, fa da traino al romanzo, difendendo i motivi della ragione; ad esso si oppone, seppure in veste d’amico, il placido don Hermogenes Molina, fedele al vangelo e ai dettami della chiesa, ma incapace di utilizzare il malanimo che i veri oppositori della ragione metteranno in campo in Spagna dopo la tempesta rivoluzionaria.
Osservare con il distacco del lettore, che è anche partecipazione alle vicende narrate, quello che succede a questi due personaggi è come prendere parte all’ineludibile sviluppo della ragione – sviluppo che accompagna come un’ombra l’umanità – accomunato nei secoli all’inesauribile speranza di tutti gli uomini buoni.

 

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