Recensione: Valerie TongCuong, L’atelier dei miracoli, Salani

Valerie TongCuong, L’atelier dei miracoli
Salani, pp. 189
Traduzione Riccardo Fedriga

In questo libro ci vengono raccontate le esistenze di tre persone, Millie, Mariette e il signor Mike, accomunate dall’avere alle spalle una vita non particolarmente fortunata. Tutti e tre vengono, diciamo così, raccolti dalla strada da Jean Hart, che potremmo definire un filantropo dei bei tempi andati. Costui gestisce un’ istituzione chiamata L’atelier che è destinata, appunto, a prestare soccorso ai bisognosi. Come si capirà leggendo, queste tre persone entrano come tessere di domino nei piani un po’ paranoici di Jean, a sua volta colpito anni prima da una grave disgrazia. L’atelier è il suo tentativo coatto di riparare il danno subito.

Quello che risalta in questo romanzo è la scelta di adottare tre distinti punti di vista nella narrazione. Alla guida dei capitoli si alternano i tre protagonisti, dando modo al lettore di confrontare le diverse prospettive; diventa così possibile vedere come la stessa cosa possa essere vista in modi differenti. Da queste differenze sorgono le incomprensioni che movimentano la storia.

In definitiva un romanzo semplice, di facile lettura e tuttavia gradevole, mai stucchevole nei sentimenti che i vari protagonisti esprimono nei reciproci confronti. Il lieto fine, pur parziale, è conseguente alla fascia di pubblico cui l’editore si rivolge e ha permesso all’autrice di ottenere l’anno scorso in Francia il Prix de l’optimisme.

La relazione tra miracoli attesi e ottimismo meriterebbe una lunga trattazione, ma per ora accontentiamoci di leggere questo piacevole volume.

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