Recensione: Dag Solstad, La notte del professor Andersen, Iperborea

Dag Solstad, La notte del professor Andersen
Iperborea, pp. 166, euro 16
Traduzione Maria Valeria D’Avino
Più volte abbiamo affrontato nelle recensioni il problema della difficoltà per il prodotto culturale ad affermarsi in una società completamente commercializzata. Il valore in sé di un Oggetto d’arte, e il libro è sicuramente arte anche se la sua duplicabilità infinita lo rende anche un Oggetto commerciale, non è definibile in maniera diretta, istintiva. Il valore di quest’oggetto viene allora definito in una contrattazione tra un proponente e un acquirente. Nel caso del libro la forza del proponente è tale che spesso l’acquirente non può fare altro che accettare come valido in sé un oggetto che in sé non ha altro che una spinta commercialpubblicitaria. La postfazione a questo gradevole libro fatta da Ingrid Basso rende esplicite queste problematiche.

Dag Solstad è molto noto in patria, una notorietà che è in sé piccola, visto che il pubblico norvegese è ben poca cosa per il mercato globale. Il suo lavoro, che inizia nei lontani anni ’60, non viene quindi tradotto; le tematiche affrontate nelle sue opere sono troppo ‘norvegesi’ per i responsabili delle case editrici. Occorre attendere quasi quarant’anni perché siano tradotte in Italia. In questo romanzo vediamo appunto quanto sia marcata la matrice nazionale nei suoi lavori. Il professor Andersen è un professore universitario, studioso noto di Ibsen, l’icona culturale della Norvegia. La vigilia di Natale il professore assiste dalla finestra ad un omicidio e non lo denuncia. Da questa partenza il romanzo avanza attraverso riflessioni sul rapporto tra il dovere sociale – la denuncia –  e il dovere intellettuale – la libertà dell’individuo e l’inutilità della punizione sull’atto compiuto.
Tornando all’inizio – se l’assassino sarà o meno consegnato alla giustizia è del tutto irrilevante; la questione, senza risposta, è se l’intellettuale deve denunciare il Crimine – si può capire come un prodotto del genere non possa ricevere alcun sostegno commerciale e pubblicitario. Il grande pubblico vuole fare, o leggere di persone che fanno, non ragionare sull’indicibilità ed invisibilità del delitto. La notte del professor Andersen è la notte della ragione, rimasta senza parole dicibili di fronte a quanto osservato dalla finestra, di fatto l’unica posizione difendibile che le è rimasta.

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