Recensione: Annie Ernaux, Gli anni, L’orma editore

RECENSIONE.
Annie Ernaux, Gli anni

L’orma editore, p. 266, euro 16
Traduzione Lorenzo Flabbi

A metà tra il flusso di coscienza in prima persona di un Proust che cerca di imitare Joyce e l’analisi oggettiva di un sociologo un po’ annoiato che parla dei secoli che l’hanno preceduto, il libro della Ernaux resterà sicuramente impresso in quanti avranno la fortuna di leggerlo. Molto nota in Francia, un po’ meno in Italia, la scrittrice racconta la vita personalsociale da lei vissuta nella Francia dalla fine della guerra fino al 2008. Lo stile, potete immaginare, è tutto. Gli anni si susseguono, ineludibili. Brevi frasi li descrivono a pezzi, pezzi che si possono collocare nel tempo per via dei fatti noti cui si riferiscono. Ci sono però, come è ovvio, anche fatti personali, noti a nessuno, che la Ernaux mette sul tavolo come fossero dati di una dissezione sociologica. In questo modo la sua vita, che resta la sua vita, diventa anche la vita di tutti; perlomeno, di tutti quelli che la leggeranno.

Si tratta di una lettura insieme pacifica ed impegnativa. Il tentativo di raffigurare per il lettore tutti quegli anni non cade nella trappola del dettaglio inutile, il riempitivo auto compiaciuto della letteratura commerciale. Alla Ernaux non interessa che il lettore si possa riconoscere, sapendo a priori che si riconoscerà se vedrà gli anni come li ha visti lei.
Giunta alla fama, mentre sta pensando di scrivere questo libro, e quindi alla fine di questo libro – pubblicato nel 2008 – l’autrice riconosce il suo debito verso Proust. Come lo scrittore parigino più famoso al mondo rivisita il suo passato al morso di un dolcetto, così Annie Ernaux descrive la sensazione palinsesto, cioè la sensazione di potere riscrivere il passato in maniera sempre diversa con il passar del tempo. Questo libro è il palinsesto, l’antica pergamena più volte riscritta, con il quale l’autrice fissa se stessa e noi tutti nel passaggio del tempo.
Alla ricerca degli anni perduti.

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