Recensione: Antonio Manzini, Non è stagione

Antonio Manzini
NON È STAGIONE
Edizioni Sellerio, pp. 315, € 14,00

Il commissario Rocco Schiavone, con il suo passato turbolento, è il protagonista di questo avvincente noir. La trama è presto detta. Nella civile e precisa Aosta, simbolo del rigore delle città del nord rispetto a quelle del sud, la ‘ndrangheta ha possibilità di intrufolarsi? A partire dalla scomparsa di Chiara, giovane studentessa liceale figlia di industriali molto potenti, questa domanda retorica troverà la sua prevedibile risposta. Ma al di là della constatazione che il malaffare può arrivare ovunque, ciò che tiene il lettore avvinto alle pagine è la complessa personalità del commissario. Nel suo passato c’è qualcosa di non detto, forse addirittura di non dicibile, qualcosa che ha provocato il suo allontanamento da Roma e l’esilio nella fredda Aosta.
Questo passato è abilmente intrecciato al presente; attorno a Rocco gravitano i personaggi abituali in questo genere di romanzi, che interagendo con lui consentono allo scrittore di fare emergere spezzoni di questo passato, accompagnati da riflessioni sul senso della vita nient’affatto banali. Abbiamo quindi i due poliziotti svegli, maschio e femmina, che ovviamente hanno una relazione. Ci sono poi i due tonti, attorno ai quali si improvvisano gag di sicuro effetto comico; e poi vari personaggi, i tecnici delle indagini, che inizialmente odiano Schiavone per il suo carattere ma che, mano a mano insieme al lettore, sono portati ad apprezzarne le abilità.
Il tutto, com’è normale nei romanzi di genere, è tenuto insieme da conversazioni serrate e brillanti che rivelano figure delle forze dell’ordine estremamente consapevoli del proprio ruolo nella trama – per forza, siamo in un romanzo – e quindi inclini ad assecondare la linea d’indagine del commissario Rocco. Un romano in Valle d’Aosta, a caccia di ‘ndranghetisti, a Maggio, sotto la neve: non è stagione.

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