Recensione: Alberto Schiavone, Nessuna carezza, Baldini & Castoldi

Alberto Schiavone, Nessuna carezza
pp. 169, Baldini & Castoldi, euro 14.00

Per tradizione culturale ormai decennale l’Italia è diventato un paese di cui si può dire poco; pare che la conflittualità sociale sia scivolata interamente nel privato, che l’unico modo ormai riconosciuto valido per risolvere i problemi sia quello del singolo contro tutti. Onore quindi al giovin scrittore di cui parliamo oggi per essere riuscito con questo romanzo a rendere questa scoraggiante atmosfera.
Ambientazione: periferia di una grande città. In un magazzino all’ingrosso lavora Mauro, con un contratto a tempo determinato. La compagna di Mauro, Veronica, è incinta. Lei il lavoro a tempo pieno ce l’ha. Laureata, lavora in un bar vicino alla tangenziale; vorrebbe ovviamente che anche il padre di suo figlio entrasse nella fascia dei socialmente protetti. Viktor, il terzo personaggio rilevante del romanzo, è un omone grande e grosso, collega di Mauro – ma a tempo indeterminato – e segretamente innamorato della segretaria dell’ingrosso, Dana.
Il romanzo si muove quindi su due binari, che inevitabilmente si incontreranno; Mauro e Veronica che cercano, con un piano delittuoso e assai improbabile, di risolvere il problema del lavoro precario e Viktor che prova a manifestare il suo amore a Dana: che però cela una vita insospettabile.
E’ difficile rendere un ritratto verosimile del brutto, specialmente con un libro. E’ facile scivolare e creare un prodotto peggiore dell’originale, introducendo magari una via di redenzione per il brutto, che di fatto non c’è. Alberto Schiavone riesce a restare un passo indietro e ci propone una realtà che magari non si vede, che magari nessuno sbandiera con orgoglio ma che di fatto c’è; e lo fa senza nessuna concessione, nessuna moralità artefatta imposta a forza ai personaggi, nessuna assoluzione finale.
Nessuna carezza.

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