Recensione: Richard Powers, Orfeo, Mondadori

Richard Powers, Orfeo
Mondadori, pp. 341, euro 19
traduzione Giovanna Granato

Nell’ultimo libro di Power, come sempre da collocare ai vertici della produzione letteraria, si intrecciano due piani simbolici al piano più propriamente oggettivo legato allo svolgimento della trama. Il protagonista è Peter Els, un musicista di 73 anni che vive solo in una di quelle tranquille cittadine americane che popolano l’immaginario collettivo. Sono passati 10 anni dall’attacco alle Twin Towers ma gli americani sono ancora sul chi vive e, quando una volante arriva alla villetta di Els per rispondere ad una sua chiamata, i poliziotti guardano sospettosi la strumentazione chimica che occupa le stanze del vecchio. Il cane di Els, Fidelio, è appena morto, e quando a domanda Els risponde che si occupa per hobby di allevare batteri, i due si fanno sospettosissimi. Dicono al vecchio che deve chiamare la protezione animali per la sepoltura e se ne vanno. Ma Els fa di testa sua e seppellisce, sotto gli occhi dei vicini, il cane nel suo posto preferito del giardino. La mattina dopo quando rientra dal jogging, vede casa sua circondata da cordoni della polizia e uomini in tuta che stanno asportando la sua strumentazione. Nel panico fugge, ed inizia così la sua odissea, che è la trama del libro.
Inutile, oltre che fuori luogo, anticipare altro della storia. Diciamo solo che, come un novello Orfeo, Els vagherà per l’America alla ricerca di un aiuto, ricerca che è anche tentativo di soluzione degli amori incompiuti; ma è la musica il vero filo attorno a cui si costruisce il romanzo. La ricerca musicale attorno a cui s’è costruita la vita del protagonista spiega la strumentazione che ha insospettito la polizia e giustifica anche il racconto che Powers ci fa della creazione di una delle maggiori composizioni per musica da camera del ‘900, il quartetto per la fine dei tempi di Olivier Messiaen. Questo quartetto fu composto in un campo di concentramento fra la fine del ’40 e l’inizio del ’41. Il brano fu suonato all’aperto, sotto la neve e con una strumentazione inadeguata. (Questa frase può valere da perfetta descrizione delle possibilità operative dell’arte autentica ai nostri giorni contrapposta alla sua versione mercantile). Come le difficoltà pratiche non hanno fermato i quattro musicisti nel campo di concentramento francese, così Els metterà sul piatto la sua vita per ottenere lo scopo che la sua arte crede abbia mancato.
Mostrare la fine del tempo.

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