Recensione: Emiliano Monge, Cielo arido, La nuova frontiera

Emiliano Monge, Cielo arido
La nuova frontiera, pp. 220, euro 19
Traduzione Natalia Cancellieri
 
Come se fosse un’incarnazione dei nostri tempi, questo romanzo non convince del tutto. E’ scritto bene, certo; tutto è preciso e calibrato, sicuro; lo scrittore si vede che si è impegnato, pur restando chiuso nel suo studio; ma, come capita sempre alle cose scritte e non vissute, non è riuscito a spingere il lettore, cioè me, oltre se stesso. E questo è ciò che permette di distinguere la letteratura buona da quella nobuona. Mi spiego speromeglio. Il protagonista di una storia, quello di questa si chiama German Alcantara Carnero, è chiamato a compiere gesta e sviluppare pensieri che permettano a chi ne segua le vicende e le riflessioni di scorgere il senso nascosto del mondo. German Alcantara Carnero detto il Gringo ci è descritto attraverso il corso della sua intera esistenza, dal momento esatto in cui lo partorisce la madre fino alla sua follia, e poi c’è anche una fine fisica ma la follia è comunque la fine ché dove scompare la razionalità lì tutto finisce: ci è descritto, dicevo, non in maniera lineare ma cogliendo quelli che lo scrittore chiama nodi, i punti memorabili della sua esistenza che hanno determinato successivi sviluppi o che hanno causato memorie indelebili, che poi agiscono come cause invisibili di sviluppi imprevisti. Si salta così dall’incipit, la sua decisione di lasciare l’ufficio da cui dirige il suo regno nel Messico, per arrivare ai vari momenti che costellano di morti, arrecate e subite, la sua vita. L’abbandono della guida del regno è funzionale a dimenticare queste morti, ma il tapino ignora – e come potrebbe saperlo? nessuno può prevedere il futuro – che altre morti lo attendono proprio in seguito a questo abbandono. E così via, fino alla follia.

Ma nessuna di queste descrizioni fatte ai punti di snodo fa riferimento ad un mondo reale, è tutto autoreferenziale. C’è solo l’abilità stilistica dello scrittore, di certo notevole, di certo ben pensata, ma appunto, ripiegata su se stessa, autocompiaciuta e, in definitiva, stucchevole.
Proprio come i nostri tempi: ripiegati su di sé, autocompiaciuti e stucchevoli.

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