Recensione: Paolo Repossi, L’erba che fa il grano, Instar

Paolo Repossi, L’erba che fa il grano
Instar, pp. 187, euro 14
L’italia dei piccoli borghi è raccontata con estrema cura in questo gradevole romanzo che ripercorre la storia del nostro paese attraverso le tre generazioni della famiglia Mezzadra. Alla cascina della Sbercia il vecchio Pietro Mezzadra pianta due querce quando il figlio Gigi sposa Lucia e promette di piantarne una per ogni nipote che arriverà. Alla fine le querce totali sono otto e dalla Sbercia osserviamo la storia d’Italia attraverso il fascismo fino ai pronipoti che lavorano in rete.
C’è proprio tutta la storia d’Italia, perché ogni figlio incarna una diversa maniera del paese di affrontare il dopoguerra. Su tutti però c’è il tratto unificante del lavoro e del progresso ad ogni costo, dietro cui c’è il denaro, lascito ideale del nonno Pietro. Unico a differenziarsi dei fratelli è Elio, il minore, che rimarrà alla cascina e accoglierà il fratello Quinto quando questo, malato e prossimo a morire, chiederà un riappacificamento.
Un romanzo molto semplice e lineare, ben scritto, che racconta le vite dei personaggi con appunti essenziali e che ricorda nello sviluppo uno dei primi romanzi di Tabucchi; unico difetto, che ad un inizio e sviluppo coinvolgente, fa seguito un finale un po’ mogio, in diminuendo.
E’ proprio la storia d’Italia.

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