Recensione: Bret Easton Ellis, Glamorama, Einaudi

Victor Ward è il protagonista della vicenda che Bret Eston Ellis sviluppa nel mondo della gente alla moda. La gente alla moda a New York, attenzione; che è gente che in pratica vive per la moda, per quello che indossa, per le persone che conosce, per i posti che può frequentare. Un mondo assurdo ed orrendamente vacuo, in una misura tale che è alla perfezione incarnata dal protagonista che della sua vacuità, del suo capire i discorsi sempre a metà, nella metà che lo riguarda, nemmeno si accorge. E così il povero – in senso umano – Victor, si fa sballottare senza capire bene il perché dal tentativo di aprire un mega locale alla moda ad un complotto internazionale e politico che vede coinvolti servizi segreti ed un gruppo di bon vivant che per ideologia è assimilabile al peggior nazismo. Il tutto tra New York e Parigi, con la preoccupazione costante del protagonista di fare la cosa giusta: la cosa che dimostri il suo fascino sul resto del mondo. Peccato però che il povero Victor è un perfetto idiota e quindi tutto gli capita come per caso, come se stesse recitando in un film di cui ha appena potuto dare un’occhiata al copione.
La storia narrata assume interesse per l’evidente ricerca stilistica di Ellis. Si nota infatti il costante riferimento alla visibilità, a tutto ciò che è moda; l’uso delle parole è calibrato alla perfezione per denotare questo mondo e ciò che succede al protagonista è talmente insensato che al lettore sorge il dubbio – giustificato – che l’assenza di senso sia proprio ciò che costituisce la base prima e ultima di questo mondo. Ed anche il finale, dopo il dramma, non è altro che un ritornare all’insensatezza capovolgendo i termini del discorso. Le scene di sesso estremo in cui il nostro Vicotr è coinvolto – pare che il sesso estremo sia inevitabile in ambienti così Hip – si svolgono allo stesso modo in cui Vicotr elimina il suo maestro-carnefice, il personaggio che incarna il fascino del nazismo.
In definitiva un libro utile a chi voglia farsi un’idea – estremizzata ma proprio per questo forse più realistica di una scena reale – dell’ambiente che frequentano le persone convinte che per farsi strada nella vita basti esercitare fascino sugli altri rendendosi estremamente visibili.
E sono sempre persone che non hanno altri mezzi, per farsi strada.

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