Recensione: Philp Josè Farmer, Il ciclo del mondo del fiume, Fanucci editore

Philp Josè Farmer, Il ciclo del mondo del fiume
Fanucci editore
La fantascienza meriterebbe più successo e maggior riconoscimento di dignità di quanto non le venga solitamente tributato; questa sarà la tesi che cercherò di sostenere parlando del chilometrico romanzo – circa 1800 pagine in 5 volumi –  che Farmer, uno dei maggiori scrittori di questo misconosciuto ed ormai defunto genere, ha dedicato ad una delle sue ossessioni: la possibilità di vivere in eterno.
Il protagonista della vicenda, sir Richard Francis Burton, esploratore inglese ottocentesco, si risveglia all’improvviso in riva ad un fiume sconosciuto; è completamente nudo, ed è circondato da persone sconosciute, altrettanto nude. Prima del risveglio però, Burton ha un ricordo, estremamente vivido. Lui, nudo, che galleggia in uno spazio indefinito, circondato da infiniti esseri umani, nudi e due sconosciuti che gli si avvicinano su una misteriosa macchina volante. I due lo vedono, si accorgono che è sveglio – tutti gli altri sono incoscienti – e Burton incomincia a muoversi, sempre più velocemente insieme a tutti gli altri corpi. Ed ora il risveglio, in riva al fiume.
In breve capiamo cos’è successo. L’umanità nel 2008 – questa serie è stata scritta fra il 1971 e il 1984 – è stata sterminata da una razza aliena ed un’altra razza aliena, gli Etici, l’ha resuscitata: tutta. In altre parole, sulle due rive del fiume, lungo milioni di chilometri, sono assiepati oltre trentacinque miliardi di esseri umani. La resurrezione non è stata effettuata in maniera casuale; dividendo il corso del fiume in zone, in ogni zona il sessanta percento della popolazione è di una data razza e periodo storico, il trenta di un’altra ed il dieci restante risorge a caso. Il pianeta non ha animali, se non nei fiumi, ed è estremamente povero di metalli e quindi gli unici attrezzi inizialmente costruibili sono di legno o di pietra. Come potrà questa umanità sopravvivere? Però ogni risorto si trova in dotazione un misterioso cilindro di metallo apparentemente indistruttibile, soprannominato Graal. Attorno al fiume ci sono degli enormi massi semisferici con una miriade di buchi nei quali i Graal entrano a misura. Tre volte a giorno, mattino mezzogiorno e sera, ponendo i Graal negli appositi alloggiamenti, una scarica elettrica accompagnata da un tuono provoca il riempimento dei Graal di ogni genere di alimenti, necessari e voluttuari. Questo parrebbe già bello, ma un’altra notizia lascia meravigliato il gruppo che in breve s’è riunito attorno a Burton, che ha di suo l’atteggiamento del capo. Ogni mattina, in riva al fiume, si trovano altri uomini, nudi e risorti. Costoro raccontano di essere stati uccisi in altri, imprecisati punti del fiume, e di essere risorti lì. Quindi, nel mondo del fiume, cibo ed immortalità garantiti. Parrebbe il paradiso ma l’uomo non è nato per accontentarsi. In breve tornano a formarsi organizzazioni politiche e civili simili a que! lle che esistevano sulla terra. Richard Burton e tutti gli altri personaggi che via via Farmer introduce in maniera convincente vogliono capire il perché di quello che è successo, perché gli Etici li hanno messi lì. Varie fazioni, in lotta tra loro, iniziano a costruire marchingegni per dirigersi alle sorgenti del fiume, dove è giunta notizia vi è la torre nera ove dimorano gli Etici: realtà o leggenda?
Per arrivarci e scoprire la verità una volta arrivati, Burton e tutti i suoi compagni, tra cui va segnalata Alice, quella che ha fornito a Carroll lo spunto per il paese delle meraviglie, si lanciano in una serie travolgente di avventure che, costellate di drammi, morti e resurrezioni conducono il lettore senza troppa fatica al termine del ciclo. La scrittura non brilla certo per cura e levigatezza, anche se Farmer è ben capace di condurre i dialoghi e sfrutta una notevole capacità meta letteraria introducendo qua e là personaggi, reali o immaginari, della storia, reale o letteraria. I protagonisti non trascurano poi quella che è la caratteristiche della fantascienza migliore, ovvero fare interminabili discussioni sul senso della vita dell’uomo nell’universo. La situazione in cui sono calati offre ovviamente infinite possibilità.
Rispetto al fantasy, il detestabile genere che oggi va per la maggiore, la fantascienza classica cerca di offrire una spiegazione logica, non magica, a quello che succede. Dietro a tutte le meraviglie del mondo del fiume c’è l’immensa tecnologia degli Etici, tutto quello che succede ha una spiegazione, anche se basata su presupposti alieni rispetto alla quotidianità. Diciamo che la fantascienza, che nasce a fine ottocento quando la tecnologia non era ancora diventata l’orribile mostro che oggi in tanti temono, aveva conservato la fiducia in una possibile risposta ai problemi dell’uomo. E Burton è l’incarnazione di questa prospettiva, con tutta la sua parzialità ma anche con tutta l’onestà che la fiducia nelle proprie azioni come unico mezzo per risolvere i problemi gli dà.

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