Recensione: Massimo Carlotto, Alla fine di un giorno noioso.

Recensione:
Massimo Carlotto, Alla fine di un giorno noioso
E/O, pp. 177, euro 17
    Fuori dal mondo reale, che è misurato e limitato, esiste un mondo fatto di sregolatezza e mancanza di misura; è il mondo dove si muove il protagonista di questa nuova, nerissima storia di Massimo Carlotto: che è in effetti il mondo nel quale vorrebbe muoversi buona parte del popolo italiano. Dato che ora questa parte è, forse (?) la maggioranza, tale mondo assurdo diventa anche il più vero.
     Ma andiamo ai fatti. Giorgio Pellegrini, già noto ai lettori di Massimo per la vicenda narrata in Arrivederci Amore Ciao, è diventato proprietario di un ristorante di quelli di lusso, quelli dove vanno a fare  l’aperitivo le persone bene e a concludere i loro affari quelle, un po’ meno bene ma che in apparenza lo sono, che non vogliono si sappia in giro. Tra queste persone vi sono ovviamente politici; il più importante è il senatore Briarese, che Giorgio considera il suo ‘padre spirituale’. Quale sorpresa allora quando il padre gli rifila una fregatura da due milioni di euro. Giorgio, che è nel vero senso della parola uno che si  fatto con le sue mani, si trova a dovere risfoderare tutta la violenza che ha seppellito dopo l’ultimo omicidio che l’ha portato alla vita agiata che conduce. Inizia una guerra senza esclusione di colpi contro il politico, che vedrà coinvolte successivamente tutta una serie di persone, più o meno vicine a Giorgio. Ovviamente non scenderò nei dettagli che solo la lettura potrà rivelare. Ciò che però balza all’occhio è il percorso di riduzione dell’uomo a pura macchina che Carlotto effettua sul suo protagonista. Giorgio ragiona solo in termini di causa/effetto e valuta solo il rapporto costi/benefici delle sue azioni. Ogni valutazione umana è esclusa a priori dal novero delle possibilità. L’unica cosa che conta è mantenere la propria posizione all’interno del meccanismo economico che gli garantisce una vita soddisfacente; l’uso di uomini e donne, indiscriminatamente, a tale scopo è un dato di fatto che non merita neppure di essere preso in considerazione. A riprova di questa noncuranza, la frase del titolo – alla fine di un giorno noioso – è spesso usata da Giorgio per sottolineare gli snodi! tra un crimine e l’altro.
     Il risultato di questa scelta stilistica, una scelta che è andata coerentemente affinandosi negli anni, è la visione in diretta di una realtà inguardabile ma, con molta probabilità, reale, che esiste là dove i nostri occhi, gli occhi di noi che non crediamo che gli uomini e le donne vadano mantenuti disciplinatamente in ordine tramite meccanismi di potere, non arrivano.
     Occorre sapere che esistono certe cose, quasi come occorre sapere che ci sono stati i campi di sterminio. Sul retro di copertina, un collega di Massimo dice che nemmeno lui potrebbe leggere Carlotto tutto il tempo; in effetti, credo che con questo libro Massimo abbia semplicemente ribadito che il suo scopo non è, almeno in prima battuta, vincere il nobel per la letteratura così come Giorgio Pellegrini non mira a vincere quello per la pace.

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