Recensione: Calixthe Beyala, Gli onori perduti, Feltrinelli

Calixthe Beyala, Gli onori perduti

Feltrinelli, euro 8.50, pp. 366

traduzione Gaia Amaducci e Monica Martignoni

In genere il romanzo che si basa su una metafora rischia di scivolare nella banalità del messaggio noto tradotto in termini noti; ci si annoia leggendo storie che ti dicono cosa non va senza dirti chi è che non fa andare le cose. Quando invece, come per questo Gli onori perduti, ci troviamo di fronte ad una robusta vicenda personale, la questione cambia. Diventa interessante scoprire gli oggetti che stanno dietro, nella realtà, agli oggetti fittizi eppur concreti che compaiono nel romanzo.

Accontentiamoci di seguire il filone principale. Saida è una bambina di Cuscus, un villaggio del Camerun. E cresce. Cresce insieme al padre, alla madre, alle amiche di scuola ed ai vari personaggi che popolano il villaggio. Cresce cercando di restare pura, come l’Africa. Ma il padre muore. Occorre allora cercare la vita altrove, in Francia ovviamente.

In Francia Saida entrerà in due case. Prima in quella della cugina; poi da Ngaremba, la negra-principessa-e-dignitaria. Questa trentenne, intellettuale preoccupata per le sorti dell’Africa, è il punto d’arrivo ideale di Saida. Nella sua famiglia vivrà le tappe di una crescita che la porteranno all’età adulta. Piccolo particolare, però: l’adultità è raggiunta dopo i cinquant’anni.

Saida, l’africana, si è infatti conservata casta per il suo sposo seguendo il precetto islamico, sposo che sarà, ironia della sorte o lettura ironica della sorte – la metafora – proprio un francese, un europeo. Saida non trova la purezza tra gli intellettuali europei ed africani che attorniano Ngaremba, ma la troverà solo in un povero barbone, Marcel Pignon Marcel, che, per amore suo, lascerà la strada per condurre una vita regolare.

La sua prima esperienza femminile coincide con il suicidio di Ngaremba che ha terminato la sua funzione di guida e rifugio. Mettiamo al posto dei personaggi della finzione nomi e luoghi della realtà ed otterremo un’altra storia. Una storia che corre parallela al testo principale, senza mai intralciarne lo svolgimento ma anzi, arricchendolo, come ogni buona metafora.

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