Recensione: Percival Everett, Non sono Sidney Poitier

Percival Everett
NON SONO SIDNEY POITIER
Edizioni Nutrimenti, pp. 251, € 16,50
Traduzione di Marco Rossari

Non Sono Sidney nasce dopo una gestazione di 24 mesi, cosa abbastanza strana, tanto da meritargli l’improbabile nome che la madre gli affibbia. Ma siamo in un romanzo di Perceval Everett e certe cose ce le aspettiamo. È logico quindi che crescendo Non Sono Sidney, che di cognome fa Poitier, venga ad assomigliare al noto attore. Ma prima di prendere coscienza di questa somiglianza, la coscienza del suo essere NERO, Nonso dovrà vagare per l’America razzista. Finirà in una prigione nella simpatica contea di Bifolkia, andrà all’università per seguire i corsi del professor Everett e cercherà di assimilarsi fidanzandosi con la figlia di una famiglia della borghesia bene, nera ma non come lui, un po’ più chiara, quasi caffelatte; alla fine riuscirà anche a risolvere un caso di omicidio nel quale è stato coinvolto mentre tentava di aiutare un gruppo che potremmo definire di ‘fondamentalismocristiano’. Tutta una serie di assurdità prettamente americane inserite con logica impeccabile da Everett.
Il sesto libro di questo autore pubblicato in Italia ce lo conferma ancora come una delle più notevoli scoperte degli ultimi anni. La storia procede piacevolmente, i dialoghi sono brillanti e le tematiche affrontate non sono affatto banali, nonostante il tono lieve. La scarsa notorietà di questo autore è un’ulteriore riprova di quanto sia difficile spostare il largo pubblico verso quella che è la letteratura di qualità, in questi mutati tempi postmoderni: l’insostenibile leggerezza del libro.

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