Recensione: Jo Nesbo, Il leopardo, Einaudi

Jo Nesbo, Il leopardo
Einaudi, pp. 759
Traduzione Eva Kampmann
 
Questo libro è il classico polpettone per le vacanze. Uno deve partire per mari o per monti e quindi gli tocca mettersi nello zaino/valigia un libro; meglio quindi che sia un libro voluminoso, per non finirlo prima di tornare, e che non sia concettualmente impegnativo, perché uno in vacanza ci va per smettere di pensare. Se ti metti in spiaggia a leggere un libro Einaudi poi, ci fai anche bella figura, è un editore serio, rispettabile.
Tanto, chi può immaginare che nelle 750 pagine e passa di questo inverecondo romanzo, il cui autore veniva prima pubblicato in Piemme, e anche questo dovrebbe insospettire il lettore accorto, si cela un poliziotto, buono ma fragile, Harry, che è stato lasciato da moglie e figlio perché in un’indagine precedente un altro serial killer li ha presi di mira per ricattare il soggetto buono ma fragile, e che questo poliziotto che sta rincorrendo il nulla nelle fumerie d’oppio di Hong Kong, e che è richiamato in patria per beccare ’sto nuovo serial killer, sarà richiamato da una poliziotta molto bella, Kaja, di cui lui si innamora, e che, apparentemente, anche lei si innamora, e che in patria la ricerca del serial killer ha creato una spaccatura tra i due dipartimenti della polizia che lottano per il controllo delle indagini, e che il capo del secondo troncone, quello più sfigato ma che alla fine vincerà, è un amico di Harry, e che l’altro, Bellman, è suo nemico e cattivo in sé, e che la bella poliziotta è in realtà l’amante del poliziotto cattivo che la usa per spiare quello buono, e che lei comunque non è più innamorata di quello cattivo e lo stava per mollare, e che racconta tutto questo a Harry – che però aveva già intuito tutto – prima di dargliela, perché lei è una ragazza onesta, e che Harry seguendo uno dei sospettati – che a 100 pagine dalla fine si scoprirà essere il colpevole – arriva in Congo dove trova il venditore di un curioso oggetto chiamato Mela di Leopoldo che è stato usato per ammazzare le prime due vittime e che alla fine il buon Harry, quando cercheranno di ammazzare lui con quello lo distruggerà, e che in Congo oltre alla suddetta mela ci sono delle miniere di Coltan che il suddetto indiziato ! sta cercando di sfruttare grazie ai soldi della figlia tonta di un riccone, e che questo corteggiamento/matrimonio è messo a repentaglio da una scappatella avuta dal nostro una notte in un rifugio dove sono riunite tutte le vittime che lui uccide una dopo l’altra, e che la sua follia omicida è messa in moto a causa di un ricatto apparentemente attribuibile ad una delle vittime ma che in effetti si deve al fidanzato della prima vittima, che ha avuto la sventura di assistere al tradimento, e che questo tizio – il cornuto – era un amico d’infanzia dell’assassino che per un litigio dovuto ad una donna prima sua poi mia gli aveva tagliato mezza lingua, facendo di lui uno sfigato e generando un odio insopprimibile, odio che alla fine sarà ricompensato, come chiaro ammonimento circa l’esistenza d’una giustizia divina, perché l’assassino cadrà in un vulcano attivo in Congo, trovando crudele morte, e che tutti i buoni troveranno alla fine, chi più chi meno, giusta ricompensa alle loro sofferenze?
Già, quale lettore potrebbe mai immaginarlo?

One thought on “Recensione: Jo Nesbo, Il leopardo, Einaudi

  1. ….e chi mai potrebbe immaginare che a qualcuno venga in mente di pubblicare su web quella che non è una recensione ma un resoconto della storia che dovrebbe recensire, che in modo banalotto e superficiale svela dettagli che una recensione non dovrebbe svelare, perché altrimenti uno (che magari è a metà del libro) ci si imbatte per caso e perde il gusto della lettura di quella stessa storia (peraltro raccontata in modo magistrale)? Già… quale lettore potrebbe mai immaginarlo? E voi sareste nel mestiere da vent’anni? Andiamo bene….

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