Umberto Eco, Il cimitero di Praga, Bompiani

Umberto Eco, Il cimitero di Praga
Bompiani, pp. 512, euro 19.50

Il razzismo di matrice etnico-religiosa non avrà mai fine, di questo possiamo starne certi, nonostante le illuminate ed ironiche argomentazioni che uno dei pochi intellettuali rimasti in Italia, Umberto Eco, gli getta contro in questo suo ultimo, gradevole romanzo. Leggiamo quindi le vicende della coppia Simonini/Dalla Piccola per quello che è, cioè una rievocazione storicamente attendibile delle vicende che hanno portato alla nascita del primo documento di tipo complottista, quei documenti palesemente assurdi che tuttavia vengono presi per buoni da una minoranza e, abilmente diffusi, riescono a stimolare paure ingiustificate in una maggioranza.
Simonini è un falsario, come scopriamo subito, che riprende conoscenza all’interno della bottega di antiquario che usa per celare il suo reale lavoro. Si autopresenta a noi nelle pagine di un diario, che ha deciso di scrivere sotto la spinta del dottor Froid (Sic!), per ricordarsi della sua vita precedente della quale non ricorda nulla al risveglio. Al suo scritto si alterna ogni tanto, lo scritto di un suo alter ego che non si sa bene a che titolo condivide lo stesso corpo: si tratta di monsignor Dalla Piccola; lui pure non ricorda nulla della sua vita e cerca, attraverso il diario, di recuperare la memoria: l’inconscio è strutturato come un linguaggio, Froid (Sic!) dixit..
Siamo così condotti all’infanzia Torinese di Simonini, già bipolare allora con il padre mazziniano ed il nonno realista, che cresce dimostrando una precoce tendenza alla doppiezza. La caratteristica personale si sposa alla perfezione con il tirocinio in uno studio notarile dove impara a produrre dei falsi documenti legali. Simonini si trova così lanciato sulla strada della falsificazione storica e arruolato quindi nei servizi segreti del regno dei Savoia. Questo primo passo lo porta poi ad avere un ruolo preciso nelle vicende che portarono alla spedizione dei mille e da qui all’esilio parigino. A Parigi diviene una pedina importante nella produzione di falsi documenti che comprovano l’esistenza di complotti ebraici per dominare il mondo. In particolare, è sua la prima bozza dei famosi Protocolli dei Savi di Sion, falsissimo manifesto della supposta volontà sionista di impossessarsi del mondo attraverso il controllo dell’economia e l’indebolimento delle coscienze.
A questo punto entra in scena Dalla Piccola, personaggio creato ad hoc da Simonini, che si occupa di mantenere i legami con il mondo antimassonico, particolarmente attivo tra i cattolici di fine ‘800. Il rituale massonico, antireligioso, cui alla fine Dalla Piccola/Simonini parteciperà, sarà la causa del trauma e della smemoratezza che sono il casus belli del romanzo.
Un romanzo gradevole, dicevo all’inizio. Lo si legge volentieri, anche se ogni tanto c’è un calo di tensione dovuto, credo, a quanto smaccatamente assurde sono le argomentazioni del protagonista per proseguire nella lotta anti sionista cui ha dedicato la vita. E’ impegnativo leggere un romanzo di 500 pagine se non ti trovi mai d’accordo con la logica che sostiene il protagonista; eppure una logica c’è, assurda, irrazionale, ma c’è ed il nostro Simonini/Dalla Piccola, la cui unica passione nella vita oltre alla lotta anti ebraica è il cibo, la segue con perfetta coerenza fino alle conseguenze ultime. La fine aperta del romanzo è la dimostrazione appunto che l’antisemitismo non può morire e che, purtroppo, ci sarà ancora per molto tempo o forse per sempre gente che farà proprio il motto latino:
Credo quia absurdum est.

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