Recensioni: Salvo Toscano, Sangue del mio sangue, Flaccovio

Salvo Toscano, Sangue del mio sangue
Flaccovio, pp. 202, euro 13

A meno che non ci sia un’adeguata commistione di generi che lo portano ad assumere l’etichetta di noir (giallo storico, giallo inchiesta), il romanzo giallo in sé non riserva grandi sorprese. E allora a salvare i libri di questo genere deve intervenire una scrittura di buon livello abbinata a personaggi credibili. Nel terzo episodio dedicato ai due fratelli Corsaro, il giornalista cinico e sciupafemmine con l’avvocato cattolico devoto alla famiglia, Salvo Toscano si dimostra in grado di tener fede alle aspettative dei lettori. Senza cercare l’originalità a tutti i costi, tentativo che rende sovente i libri illeggibili, Toscano si accontenta di sistemare un po’ la trama dei Diabolici, il capostipite dei romanzi costruiti sul tradimento del/della consorte ai danni della/del consorte, calandolo nella realtà della Sicilia odierna.

Quello che si ottiene è una gradevole storia che si lascia leggere. Un impiegato di un comune sulle madonie è ucciso; il principale indiziato è il sindaco del paese, cui l’impiegato opponeva la sua scrupolosità ad un tentativo di lottizzazione. Il giornalista inizia ad indagare per distrarsi dalla noia che lo coglie al soporifero giornale dove lavora, l’avvocato prende le parti dell’accusato. Alla fine si scoprirà che l’accusato è innocente, come da copione, e l’amore trionferà su tutti i fronti.

L’ironia e la brillantezza dei dialoghi giustificano la lettura, oltre alla meritevole capacità di non lasciarsi traviare dal paradigma televisivo. E’ in quest’ottica che bisogna leggere il romanzo giallo, come un esercizio di stile che, se fatto con i dovuti crismi, può giustificare le poche ore necessarie alla lettura.

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