Recensioni: Massimo Lolli, Il lunedì arriva sempre di domenica pomeriggio, Mondadori

Massimo Lolli, Il lunedì arriva sempre di domenica pomeriggio.

Mondadori, pp. 198, euro 18

 

Un paese umanamente scadente come l’Italia non può che avere per protagonista dei romanzi che lo descrivono un essere umano scadente come il signor Andrea Bonin. Questo incipit risente, è necessario che lo dica, dell’imprecisione della scrittura, dovuta alla sua dimensione temporale; prima dici una cosa, esagerando, poi la correggi facendola calare di tono, ma resta comunque l’impressione della prima affermazione. In effetti il povero Bonin è un cinquantenne pietoso per motivi a lui indipendenti, così come gli italiani sono quello che sono non solo per colpa loro.

Passato infatti da un ruolo di manager di un’importante industria tessile a quello di disoccupato a tempo pieno, non riesce a dire a nessuno quello che gli è successo, se ne vergogna, ha paura di essere escluso. Così sta fuori casa, vede ggente e fa cose, come un normale cinquantenne in carriera. Ma l’assenza di un’occupazione si fa sentire. Il tentativo di colmare questi buchi con avventure sessuali con improbabili signore di mezza età in cerca del brivido non impegnativo contribuisce ad aumentare il senso di pietas che questo signore ci ispira; senso che raggiunge i vertici quando cade nella sua rete di affascinante tombeur de femmes una ventenne bella oltre ogni dire, Giulia. A questa ragazza, alla quale concede il suo tempo per una fugace notte, il nostro si negherà quando, catapultato per un improbabile colloquio di lavoro in Cina, si trova a progettare di diventare il mantenuto di una over 60, giusto per sbarcare il lunario senza affannarsi troppo. La chiusa però vede le carte nuovamente ribaltate. La vecchia signora, che tra parentesi lui conosceva già a Vicenza, che lui credeva d’avere catturato con le sue notevoli prestazioni, si intrattiene con un suo rivale più giovane e lui, incapace di togliersi la vita, che vede miserevole oltre ogni dire, al risveglio mattutino si dice che sì, in fondo deve continuare, e che un messaggio a Giulia lo può anche mandare.

Questa è la storia, in breve. La scrittura è discreta, anche se talvolta appesantita da riflessioni gratuite sul senso della vita, o sulla mancanza di senso. Non si capisce come mai uno che perde un lavoro di fascia alta, diciamo così, non possa anche solo temporaneamente fare un lavoro umile. Uno dei più noti personaggi di Kundera avrebbe qualcosa da insegnare al signor Bonin. Ma questo potrebbe essere il modo di pensare di una certa fascia della popolazione.

Se prendiamo la vicenda descritta in senso letterale, come la difesa della possibilità di vivere sempre sulla cresta dell’onda, il libro è patetico. Tutte le scene sembrano prese dal copione di un brutto telefilm, il signor Bonin non dà prova della minima sensibilità verso gli altri e della necessaria onestà con se stesso e tutti i personaggi che incontra, conosce  e sfrutta esistono solo in quanto sua funzione. Non può quindi pretendere, questo libro, di avere le caratteristiche del romanzo compiuto.

Se invece la storia è la critica allegorica agli anni del manager rampante, che Andrea incarna alla perfezione, allora tutto assume un’altra fisionomia. Allora tutto ha un senso, insostenibile, patetico e, per certi aspetti, tristissimo, ma ce l’ha.

Anche il fatto che alla fine Andrea decida di continuare.

One thought on “Recensioni: Massimo Lolli, Il lunedì arriva sempre di domenica pomeriggio, Mondadori

  1. critica scontata, piena di “improbabili”, di francesismi triti e ritriti, frasi intellettuali da tre soldi, del tipo: “allegoria”, “chiusa” ecc. L’admin della situazione è chiaramente un critico mancato (fallito – e quindi disoccupatissimo, peggio del protagonista, ma che si ammanta di cultura e conoscenze che potrebbe avere un qualsivoglia frequentatore di scuole serali per immigrati). Il libro è l’assoluto ritratto di vite reali – mediocri o patetiche quanto si vuole – ma reali.

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