Aldous Huxley, Il genio e la dea, Mattioli 1885

Aldous Huxley, Il genio e la dea
Mattioli 1885, pp. 106, euro 16
Traduzione Paolo Cioni

Non si può non essere d’accordo con l’ironico titolo di un libro dei primi anni ’60, Non leggete i libri, fateveli raccontare, nel quale Bianciardi prendeva sagacemente in giro la tendenza di molti a sfoggiare conoscenza ed erudizione non proprie. L’abuso della diffusione dell’informazione comporta innumerevoli storture, prima delle quali la banalizzazione dell’informazione stessa. La lettura ad alta voce da fonti terze non può in nessun caso sostituire l’esperienza della lettura in prima persona. Un libro diventa Libro quando lo si è letto, tutto e da soli. Se però voi siete già dei buoni lettori e volete leggere a qualche altro buon lettore un libro, che si faccia ricordare e che coinvolga, non possiamo che essere d’accordo con le indicazioni date sul risvolto di copertina di questo libro, “pagine di vita da raccontare a un amico la notte di Natale.”
Ché proprio la notte di Natale due vecchi amici, John Rivers e il narratore, si incontrano dopo anni e John, sollecitato da un libro, ne racconta la vera storia. Il libro in questione è la biografia del premio Nobel Henry Maartens, presso il quale il giovane Rivers trascorse quel periodo che da Flaubert in poi non possiamo non chiamare dell’educazione sentimentale. In effetti però John è stato chiamato per fare da assistente al genio della fisica Henry Marteens, anche se questo aspetto dell’educazione passa velocemente in secondo piano. John ricorda alla perfezione non le nozioni apprese quanto gli equilibri affettivi che si giocavano nella casa, tra il genio e la dea, la splendida moglie di Marteens, Katy. E lui, ovviamente, sarà la terza parte.
La materialità della dea è contrapposta all’astrattezza del genio che, come nella realtà, da essa dipende. Il quarto incomodo è la figlia della coppia, Ruth, che si invaghisce del giovane studente. La madre è allora costretta a fare i conti con la realtà; ma, come la storia ha ormai ampiamente dimostrato, Dio e la realtà non riescono a convivere e questo ci conduce al drammatico finale.
La trama è forse un po’ abusata, segno evidente che questa situazione, del tradimento del discepolo verso il maestro con la consueta catarsi finale, è una necessità storica, se possiamo prendere a prestito la locuzione; però è ogni volta interessante vederla svolgersi, soprattutto quando è descritta con la capacità e la misura di un grande della letteratura quale è Huxley.
Questo libro potete anche farvelo raccontare. Ma è bellissimo da leggere.

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