Andrew Sean Greer, La storia di un matrimonio, Adelphi

Andrew Sean Greer, La storia di un matrimonio

Adelphi, pp. 24, euro 18

Traduzione Giuseppina Oneto

 

Sono incerto sulla via da prendere per parlarvi di questo romanzo visto che sono rimasto deluso dalla scrittura, lenta ed inutilmente analitica; allo stesso modo sono rimasto deluso dalla trama, che non sta in piedi nemmeno considerati gli anni in cui si svolge il romanzo. Visto che forma e contenuto sono ambedue di labile sostanza, cercherò di porre attenzione sull’unico aspetto di un qualche rilievo, la psicologia della protagonista, la giovane Pearly Cook, nera americana che, dopo la fine della guerra riesce a sposare il perduto amore di gioventù, Holland.

Bene. Non ho trovato inaspettato il ritorno di Holland nella mia vita, ché era come se l’avessi ancora nel cuore, che  infatti, quando lo rividi, riuscì subito a dire la cosa giusta, io mi voglio sacrificare a te, sarò la gruccia della tua debolezza. Come mi dissero le sue zie infatti, Holland aveva non meglio specificati problemi, legati forse alla sua esperienza in guerra, anch’essa non specificata. E così ci siamo sposati, senza specificare nulla tra noi, se non il fatto che lui mi avrebbe mantenuta e portata a vivere con sé in una bella casa sul mare, a Outland, che come nome di quartiere fa ridere, ma dei negri in america nel ’50 avevano poco da pretendere, e comunque è molto letterario. E così abbiamo iniziato a vivere insieme, io ho avuto un bambino, Sonny, che è nato poliomielitico, ma la difesa del bambino poliomielitico giustifica delle scelte estreme come quelle che farò e a un bel momento è comparso un amico, pareva un commilitone, di Holland, tale Buzz. Questo Buzz pareva pappa e ciccia col mio amore, ma io sono tonta, e  quindi non capisco gli impliciti delle situazione, e sono in effetti caduta dal pero quando una sera che Holland non c’era, si è presentato alla veranda Buzz, che in quei mesi era diventato intimo amico. L’ho fatto entrare e, nella stanza buia e silenziosa, ha iniziato un discorso a bassa voce, nel mentre io, sempre tonta, non capivo dove volesse andare a parare, e se voi, che state leggendo, pensate che volesse andare a parare lì, beh, siete tonti anche voi, perché mi ha proprio preso in contropiede. Buzz non voleva me, voleva Holland, che erano stati insieme quando si erano conosciuti all’ospedale militare. Io però amavo Holland e anche se mi sentivo un po’ tradita, non gli ho detto niente, anche perché Buzz mi aveva promesso dei soldi se lasciavo che Holland scappasse con lui. I soldi li avrebbe ricavati vendendo la sua ditta; i soldi, si sa, sono la molla che fa muovere il mondo, e così ho acconsentito, anche per difendere il mio bambino poliomielitico; ma la sera che lui e Holland dovevano scappare ed io ero andata a letto tutta impasticcata, quando mi sono svegliata la mattina ho trovato il mio amore in cucina che senza parlare mi ha fatto capire di avere preferito me a Buzz, che, alla fine, s’è trovato cornuto e mazziato Anch’io non ho detto niente e così siamo andati avanti finché lui è morto per i reni che non funzionavano più e io sono rimasta con i nipotini. Che poi sono cresciuti e uno di questi mi ha invitato ad un convegno dove c’era, tra i sostenitori, anche Buzz, ma io non l’ho voluto vedere e questo ha chiuso il libro.

Come avrete capito, mi ha colpito la mancanza di una vera psicologia della protagonista; ed è proprio attorno a questa mancanza che si costruisce la storia di questo matrimonio.

Cosa avrà voluto dire?

 

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