Argemì Raul, Patagonia ciuf ciuf, La nuova frontiera

Argemì Raul, Patagonia ciu ciuf
La nuova frontiera, pp. 185, euro 16
Traduzione Raul Schenardi

I due protagonisti di questa vicenda assumono due nomi epici non a caso. Il primo si fa chiamare Butch Cassidy, e di lui non scopriremo il vero nome; il secondo sceglie Bairoletto, personaggio anarchico molto noto nella pampa argentina: e salgono sul treno, il Patagonia ciuf ciuf nei ricordi di Bairoletto.
In effetti sul treno c’è l’obiettivo della loro riunione casuale. Butch ha infatti convinto il ferroviere – della metropolitana in verità – disoccupato ad unirsi a lui per la liberazione del fratello Beto, prigioniero della polizia di stato che sta per essere trasferito in una prigione nelle regioni desolate della Patagonia. Mentre il fratello viene caricato, i nostri scoprono anche che ci sono due sacche piene di soldi, gli stipendi dei catangos, gli operai che vivono lungo la linea per ripararla quando si rompe..
Poco dopo la partenza i nostri dichiarano le proprie intenzioni, armi in mano, al capotreno ed ai turisti che affollano i due vagoni dello scalcinato convoglio, secondo la migliore tradizione di Butch Cassidy e Billy the Kid. Ma l’azione non va secondo le attese, perché i nostri rapinatori di epico hanno solo il nome. L’atmosfera che si crea a bordo del treno, dove Bairoletto e Butch trovano anche l’amore, diventa in breve quella di una scampagnata. Tutti tranne Butch sembrano perdere di vista lo scopo finale che solo l’irruzione violenta, in pieno butchcassidiana, della polizia costringerà tutti a ricordare.
Un buon romanzo questo, lontano dalle atmosfere stereotipate della narrativa sudamericana che va per la maggiore; Argemì non ci parla di famiglie di proprietari terrieri, di povere innamorate e tradite, di vecchie nonne che sacrificano se stesse per la felicità dei nipoti ma ci racconta la vera storia della linea ferroviaria che percorreva la Patagonia – e che ha rappresentato la salvezza per molti dei reietti che vivono in queste zone – e che ha dovuto soccombere alle privatizzazioni, uno degli specchietti per le allodole importati dall’America e che i dittatorelli, locali ma non solo, hanno utilizzato per rendere ancora più dura la vita dei meno abbienti. E ce la racconta, questa storia, utilizzando un vasto parco di citazioni e di figure standard che incarnano con la loro genericità la possibilità di esprimere a parole un messaggio più ampio di quello che competerebbe al singolo. Ad esempio, il fratello Beto, ormai impazzito per le condizioni di prigionia, riacquista a lampi la ragione e proferisce frasi di condanna che solo il suo ruolo di idiot savant gli permette di pronunciare. L’umanità dei nostri due eroi minori è commovente, ma poco adatta a far loro impersonare il ruolo. Questo non è un romanzo d’azione, anche perché la storia è rivissuta attraverso la memoria, ed il fatto che si svolga per intero su di un treno si adatta perfettamente agli intenti dell’autore, il rimpianto per una terra che non c’è più.
Patagonia. Ciuf ciuf.

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