Tommaso Labranca, 78.08, Excelsior 1881

Tommaso Labranca, 78.08
Excelsior 1881, pp. 273, euro 16.50

Non è per rivendicare meriti inesistenti, ma già molto tempo fa avevo sostenuto che la creazione del mondo da parte dell’ignota divinità che tutto amministra era finalizzata all’avvento degli anni ’70. Tommaso Labranca si dimostra ora, inconsapevolmente, completamente d’accordo con me. Questo divertente libro infatti ha per scopo porre in relazione la ricchezza del 1978 alla povertà del 2008.
La scusa attorno a cui la storia viene imbastita è la quasi omonimia tra il protagonista della storia, Antonio Maniero, ed il protagonista di quel film epocale che fu La febbre del sabato sera, Tony Manero, uscito giustappunto nel .78. Antonio lavora in modo flessibile tra l’università e una scuola privata che cerca di fornire una qualche preparazione in inglese a degli esemplari tipici dei giovani .08, la FastForward. Antonio è stato sposato e del matrimonio gli resta solo una figlia, Laurapalmer tutto attaccato, oltre a dei pessimi ricordi ed un mutuo; Laurapalmer ha 17 anni, è brutta, sovrappeso, tendenzialmente ignorante e inconsapevole della sua ignoranza. Ha un unico amico, Vitty, ventenne, omosessuale, anche lui brutto, ignorante ed inconsapevole: ma con supponenza, che è uno dei tratti caratteristici dell’inconsapevolezza. Vitty si sta preparando per l’avventura a Londra, dove pensa di sfondare nel mondo della moda-poesia-canto, uno dei tre, non importa quale, tanto lui è dotato in tutti. Lauraplamer insiste con il padre perché l’amichetto del cuore – parla proprio così, a diciassette anni – resti da loro a dormire l’ultima notte prima di partire e perché siano lei e il padre a portarlo all’aeroporto alle 4.00. Antonio, che in effetti è un antropologo e considera sua missione osservare i comportamenti dei primitivi con cui divide gli spazi di vita, acconsente.
Mentre si svolge la vicenda con Laurapalmer e Vitti, veniamo introdotti all’ambiente lavorativo di Antonio. Ci sono due corteggiatrici che gli ronzano attorno, Donna uno e Donna due, entrambe colleghe, entrambe odiose, entrambe modelli della donna .08. La donna uno è stupida modello velina, però sovrappeso, che cerca di portarlo a ballare il latino. Donna due è invece il modello stupida di sinistra, impegnata per i poveri, piena di tanti paroloni e piena soprattutto di solitudine. Antonio, che è uno che da solo in fondo sta bene, cerca di destreggiarsi tra tutto questo nella giornata e mezzo durante la quale si svolge il romanzo.
Al di là dell’azione, che garantisce comunque al romanzo una notevole scorrevolezza, il lettore viene conquistato dai raffronti tra la tamarraggine involontaria e quindi non colpevole di un John Travolta che lottava per potersi divertire una sera a settimana, ed i tamarri nostrani odierni, di questo odioso .08, che vogliono divertirsi sempre, che adottano pose verso il mondo tanto finte da lasciare stupiti, che non sanno parlare in italiano, che non hanno il coraggio di azioni irreversibili, ché tutto deve restare immutato in modo tale che ciascuno possa continuare a credere di essere al centro della pista, sotto la mirrorball che illuminava Travolta con il dito puntato verso l’alto.
In questo pavido e amorfo .08, per restare ai raffronti, non sarebbe mai potuto succedere quello che successe al liceo di Antonio, alla notizia del rapimento Moro. Tommaso Tomba, sbruffone filobrigatista – brigatista delegante lo chiama Antonio – entra in classe con la sciarpa sul viso e la mano a mo’ di pistola. Urla qualcosa che Antonio non afferra. Si vede però il professore di latino che inizia ad insultare il malnato, che scappa, inseguito veloce dal professore che, nonostante la differenza d’età, lo raggiunge prima che possa chiudersi in bagno e gli molla due sonori ceffoni.
Ciò che nel .78 fu la normale difesa dei paletti della decenza oggi non accadrebbe perché il professore non avrebbe il coraggio del gesto, sopraffatto dal timore di far sorgere un Tavolo di Adesione ai Meriti Antropologici dei Rivoltosi Ragazzi Italiani.
Tamarri .08.

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