Paolo Nori, Mi compro una gilera, Feltrinelli

Recensione
Paolo Nori, Mi compro una Gilera
Feltrinelli, pp. 127, euro 10

E’ successo che io mi sono messo a leggere questo libro, e quando ho iniziato non è che avessi una grande opinione preconcetta dello scrittore Paolo Nori, a dire il vero avevo un bel pregiudizio, lo ritenevo poca cosa, come quell’altro, suo sodale nello stile, quello che pubblica per Sellerio, Ugo Cornia che anche lui non mi convince anche se, come ho detto e scusate se qui mi cito, non è del tutto da buttare. E anche questo Paolo Nori non è del tutto da buttare, anzi, se inizi a leggerlo e ti lasci trascinare lo trovi infino divertente, anche se le cose che ti racconta non sono certo al livello di un Philip Roth, quello che per me è il maestro, o di un Marcel Proust, quello che è stato un maestro per tanti ma non per me, che l’ho trovato bello, appassionante, ma non magistrale perché unico. Anche James Joyce è unico, ma è molto più magistrale perché quando lo si legge si può intuire, e replicare, il suo metodo, e quindi è più un maestro perché si lascia replicare anche se non copiare; ma del resto ognuno ha il maestro suo, e Paolo Nori ne cita tanti, soprattutto della letteratura russa, che lui c’ha la fissa coi russi, visto che deve essersi laureato con studi sulla filologia russa, tra le altre materie. E dei russi ne cita tanti, ma questo ve lo racconto dopo.

Adesso vorrei raccontarvi la trama del romanzo, che però non c’è, e quindi non ve la posso raccontare. Paolo Nori si limita a registrare e trascrivere le impressioni che l’hanno colpito nella sua vita nella provincia di Parma, che è una provincia piccolina ma che i politici, soprattutto quelli di Forza Italia, che lui è andato a sentire a un convegno per l’elezione del nuovo sindaco, vogliono fare diventare una grande provincia, una città europea. Ma lui non si limita a dire quello che ha sentito al convegno, dice anche, lui Paolo Nori, quello che pensa delle parole che ha sentito, al convegno, per esempio, che lui è contento che Parma è una città piccolina e non si capisce perché quelli di Forza Italia la vogliano far diventare una città europea. E allora vien da pensare che forse questo romanzo, che apparentemente non dice niente in realtà dice molto, dice molto di un paese come l’Italia dove ci sono dei politici come quelli di Forza Italia che possono dire cose che alla gente non piacciono ed essere comunque applauditi sul palco dove stanno schierati con le mani intrecciate come i quattro moschettieri.
E le altre cose che dice della sua piccola città, bastardo posto, sono belle perché sono molto intime e vere senza essere stucchevoli, che è un aggettivo che non c’entra niente con lo stucco ma a me piaceva usarlo, come non sono stucchevoli gli autori russi che lui cita come suoi maestri, in particolare il signor Erofeev, che ha scritto un libro pubblicato in Italia da Fanucci e che Paolo Nori ritiene uno dei capolavori del ‘900. Però va detto che anche tra i russi ci sono autori stucchevoli, m’è rimasto impresso uno in particolare, tale Ajtmatov, il cui libro più famoso è Il battello bianco, che io conosco, e che Paolo Nori definisce pesante come il piombo. Ma il libro lo conosco non perché l’ho letto, ma perché l’ha letto la zia Lory, che come sapete è la mia collega, e i libri che legge lei io di solito non li leggo perché mi fido del suo giudizio, però questo, che non ho letto e che credevo bello, adesso che ho letto Paolo Nori che ne parla male, beh sono in dubbio.
Un’altra cosa molto importante per Paolo Nori, della quale parla per tutto il libro, è sua figlia Irma, che credo sia la bambina in copertina. Paolo Nori, che vive a Parma, ha girato e continua a girare per tutta l’Italia, e dato che è separato dalla compagna che è la mamma di Irma, la figlia Irma la vede ogni tanto, ma sono momenti che si capisce per lui sono molto belli. E questo riuscire a trasmettere un sentimento senza essere volutamente sentimentali è il segno di una scrittura onesta, non ruffiana, come quella che va per la maggiore tra i lettori ma soprattutto tra le lettrici o tra i lettori che vogliono lusingare – uso intenzionalmente sinonimi non volgari – le lettrici.

Per finire questo Paolo Nori m’è sembrato, per usare una parola che usano i giovani e che farebbe venire i peli ritti a quelli della crusca ma chi se frega, uno sciallato, ma sciallato calmo, non sciallato sbracato, che a quelli sciallati sbracati mi verrebbe da dirgli Ma vai a lavorare lazzarone, che ti puoi permettere di essere così calmo solo perché hai qualcuno che ti mette i soldi nel borsellino, e con quei soldi non ti compreresti mai una Gilera ma cosa mai uno Scooter ultimo modello. E invece Paolo Nori, sciallato, calmo, si comprerebbe una Gilera, anche se nel libro non lo dice ma si capisce dal titolo.

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